ISSN 2283-7558

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L'EDITORIALE

rec_magazine al MiC

Restauro e Archistar al centro del convegno di luglio a Roma

In occasione di una giornata di studi organizzata presso il MiC a Roma, è stato possibile approfondire un tema caro a questa rivista, quello delle modalità con cui le Archistar operano quando si confrontano con il patrimonio storico. Sono spesso opere irreversibili, operazioni gratuite realizzate senza conoscere il contesto e nemmeno cos’è oggi il restauro in Italia,
spesso cancellano quei valori architettonici stratificati e autentici
che i restauratori amano chiamare il documento architettonico del passato.

  
dal Convegno MiC. In breve i contenuti degli interventi presentati dai relatori:
Riccardo Dalla Negra, Luigi Prestinenza Puglisi, Giacomo di Thiene, Daniele Kihlgren, Michele Trimarchi,
Marco Ermentini, Ugo Carughi, Elisabetta Margiotta Nervi, Bruno Billeci, Luigi Malnati, Luca Rinaldi

rec_magazine at MiC

Restoration and Archistar: July conference in Rome

On the occasion of a study day organized at the MiC in Rome, it was possible to explore a theme  that this magazine cares a lot about: The way the "archistars" operate when dealing with the historical heritage.
Their work is often irreversible, a series of operations carried out without knowing the context or even what restoration is in Italy today. Often not taking into account the authentic architectural values that architects like to call the "architectural document of the past.




Per molto tempo su recuperoeconservazione_magazine abbiamo pubblicato editoriali, ‘Pillole di restauro architettonico’ (di Riccardo Dalla Negra), rubriche di ‘Restauro timido’ (di Marco Ermentini), articoli pungenti (di Luca Rinaldi) su uno dei temi più vivi e centrali del restauro architettonico: il rapporto tra patrimonio costruito e creatività architettonica del nuovo.

E’ un tema antico quasi come il restauro, sicuramente non liquidabile con lo slogan sintetico di “antico e nuovo”. Recentemente sia l’operato di alcuni Ministri e Soprintendenti, che hanno fortemente accelerato nella direzione del rinnovo brutale del tessuto monumentale, sia alcune sconvolgenti realizzazioni hanno riacceso la riflessione sul tema e spinto il Comitato scientifico di rec_magazine ad una ulteriore riflessione e ad interrogarsi sui limiti dell’azione di rinnovo.

Così, nel corso dei nostri incontri mensili di redazione, all’interno del Comitato si è avviato un confronto, dove ognuno ha proposto visioni diverse del problema, legate alla propria formazione e alla personale interpretazione del restauro, ma tutti comunque all’interno della cultura specialistica del Restauro Architettonico, che nel nostro Paese ha una storia lunga, una tradizione di secoli, un dibattito profondo e colto, che non si registra in altri settori dell’Architettura. Si è cercato di approfondire, di capire e di dare delle risposte, incrociando casi realizzati e cultura del settore.

Nel dettaglio, si è discusso molto sul “restauro” di Chipperfield alle Procuratie Vecchie a Venezia, sull’intervento di Calatrava nella Chiesa barocca di Boscoreale a Napoli ma anche su aspetti non marginali del progetto di Koolhass al Fondaco di Venezia, sul recentissimo restauro di De Lucchi all’Arcivescovado a Milano e su altri numerosi interventi dove il progetto del nuovo è stato molto sostitutivo e invasivo rispetto alla preesistenza monumentale. Questi interventi, che un colto soprintendente ha definito “cose dell’altro mondo”, cioè opere irreversibili, trasformazioni gratuite realizzate senza conoscere il contesto nel quale si opera e nemmeno cos’è oggi il restauro in Italia, schiaffo alla sostenibilità applicata al restauro, in pratica hanno cancellato quei valori architettonici stratificati e autentici che i restauratori amano chiamare il documento architettonico del passato.

Da questi confronti sono scaturiti approfondimenti e saggi, nei quali ognuno di noi ha cercato di sottoporre una propria visione del problema, ben sapendo che non esiste una e una sola idea del Restauro, ma ci sono opinioni che derivano da scuole di pensiero, ci sono idee e operatività che avanzano, elaborano gli assunti e propongono progressivamente sempre diverse interpretazioni. Si tratta di posizioni che nascono da una sensibilità raffinata e colta, che ha le radici in quella cultura del Restauro che bene o male ha prodotto documenti internazionali e nazionali di grande rilievo e spessore, una normativa italiana di riferimento tra le migliori al mondo oltre ad una letteratura sconfinata; tutto ciò, si sa, è estraneo alle modalità operative dell’archistar quando rivolge le sue attenzioni ai monumenti storici e alle leggere giustificazioni teoriche che fornisce riguardo al suo progetto.

  

Sulla scia di questo dibattito interno, il Comitato Scientifico di rec_magazine ha proposto al MiC una giornata di studio sul tema e il Sottosegretario Vittorio Sgarbi l’ha appoggiata dando la propria disponibilità oltre che presenziare all’evento e aggiungere le sue conclusioni. Si è quindi tenuto a Roma, il giorno 4 luglio il convegno “Il progetto sul patrimonio storico al tempo delle Archistar”, al quale hanno partecipato molti illustri studiosi con formazione e caratteristiche professionali anche assai diverse tra loro.

L’intero convegno è sempre disponibile sul canale YouTube del MiC (LINK>> www.youtube.com) e ognuno, se interessato, può ascoltare i vari contributi. Merita certamente sottolineare alcuni passaggi.

Il moderatore, fine e arguto, è stato il bravo Fabio Canessa, che ha saputo magistralmente governare la nutrita compagine ed è entrato subito nel vivo citando senza preamboli alcuni passaggi di un recente mio editoriale sul “restauro” di Calatrava alla Chiesa di San Gennaro a Boscoreale (Na):
“Forse, più devastante ci poteva essere solo la demolizione. E’ un intervento che ha distrutto un monumento nazionale, un’architettura barocca integra, si è intervenuti ignorando il Codice dei Beni Culturali, si è ferita e offesa la storia e la cultura di Napoli, si è calpestata la cultura del restauro e tutti i contributi che questa ha prodotto in oltre duecento anni di storia del pensiero.

Più oltre Canessa ha sottolineato come sia importante da parte del MiC fornire risposte chiare e univoche alle difficili questioni del restauro, tra le quali “come ci si pone nei confronti dell’autenticità e della stratificazione storica? fino a che punto è lecito sperimentare sull’esistente? come innestare il contemporaneo sull’antico? come far dialogare memoria storica e gesto contemporaneo? è possibile e/o lecito riscrivere il testo antico? come si pone l’opera d’arte contemporanea in un contenitore storico?”. Tutto ciò è necessario anche per far si che gli operatori possano intervenire in base ad una interpretazione omogenea del Codice dei Beni Culturali.

 

Nella relazione di apertura dei lavori ho illustrato alcuni progetti e cantieri di Archistar in contesti monumentali particolarmente delicati, sottolineando come non ci si possa porre al di fuori dell’area culturale del restauro se si progetta … un restauro. La conseguenza, ovvia, è che se non si conosce questa cultura, che è ampia e assai complessa, così come quella del progetto del nuovo, dell’urbanistica, del design, ecc. non è possibile produrre progetti di qualità elevata.

Riccardo Dalla Negra ha esordito sostenendo che proprio per produrre qualità alta sono da distinguere i restauri dalle ristrutturazioni edilizie per le finalità diverse che perseguono: i primi hanno l’obiettivo di ‘risolvere il testo’ laddove manomesso o lacunoso, le seconde, invece, trasformano un testo architettonico, anche profondamente. Tutto dipende dal ‘valore culturale’ che assegniamo alla preesistenza che, laddove alto, necessita di un passo indietro del progettista; se le modifiche sono da fare queste devono essere colte.
Su cosa sia questa cultura il relatore ha poi esteso ed articolato fini approfondimenti. Ha sottolineato ancora che non esiste un confine netto tra la compatibilità e la prevaricazione, tra ciò che viene ritenuto legittimo e ciò che invece non lo è e la soluzione sta in quella sensibilità che deriva solo dallo studio, dall’approfondimento e dalla continua pratica progettuale del restauro architettonico, senza la quale non è possibile dare risposte di spessore.

Com'è natura dei critici d'architettura rispetto agli architetti, Luigi Prestinenza Puglisi ha fornito una sua personale opinione sul Restauro architettonico italiano, contrapponendo un ideale concetto di sovrascrittura reversibile (azione questa praticamente impossibile in architettura) al restauro delle origini, quello del “com’era dov’era”. Secondo il critico, infatti, il restauro dovrebbe evitare la mimesi priva di qualità, “il presepe” come lo chiama lui, e trovare i margini per esprimersi con linguaggio contemporaneo, capace di sperimentare ma comunque distante dai casi criticati. Interessanti sono gli esempi che ha commentato (Scarpa, Albini, ecc.), anche se datati e limitati all'allestimento museografico che, si sa, è altra cosa dal restauro architettonico.

Diversa padronanza del tema ha dimostrato la relazione successiva di Marco Magnifico, che ha esordito stigmatizzando le archistar che fanno cattiva scuola, perché legittimano la distruzione dei monumenti storici. Il Presidente del FAI ha poi responsabilizzato non solo il progettista architetto creativo, che interviene senza conoscere il monumento sul quale opera, ma anche le altre due figure coinvolte e che sono al centro del processo: il committente e il soprintendente, entrambi ugualmente responsabili della distruzione dell’edificio. Qui ha aperto un ulteriore problema sottolineando che le maglie della tutela non sono omogenee e coerenti in tutto il Paese e, talvolta, neppure all’interno di una stessa Soprintendenza.

A questo proposito sarebbero da potenziare le Soprintendenze - ha sostenuto Giacomo Di Thiene - soprattutto nelle figure degli architetti - ha aggiunto successivamente Luigi Malnati - ai quali va il carico maggiore della tutela architettonica e del paesaggio. Gli architetti funzionari sono fondamentali nel processo, anche se errate recenti riforme li hanno resi marginali; in realtà, sono proprio loro l’unico baluardo tecnico alla speculazione edilizia contro la quale storici dell’arte, archeologi e restauratori per loro formazione non hanno strumenti adeguati a combatterla. In questo senso l’attività delle Dimore Storiche, egregiamente condotta dal suo Presidente, vuole essere rappresentativa, oltre che di buone pratiche, anche di una economia alternativa, ossia compatibile e a misura. Questo concetto di corretta economia della cultura, diversa e particolare, è stato poi approfondito da Michele Trimarchi, chiarendo che l’obiettivo dovrebbe essere quello di estrarre valori dal patrimonio, che non devono essere necessariamente monetari ma possono essere anche culturali, sociali, implementando così filiere articolate e altre forme di cultura.

Cercando uno stimolante paragone tra l'attenta procedura dei restauratori quando dosano la creatività nelle fasi di pulitura delle patine con gli architetti che questa creatività invece non la misurano, Roberto Peregalli auspica una creatività di secondo grado più limitata e compatibile.

Le grandi opere quali la metropolitana di Napoli (di cui ha parlato Ugo Carughi) con i progetti di Siza e Fuksas così come le note vicende dello stadio Artemio Franchi di Firenze (illustrato da Elisabetta Margiotta Nervi) verificano in concreto le difficoltà, la reale complessità del rapporto antico e nuovo, la possibilità di salvare il contesto archeologico così come le opere del Moderno, che sono spesso assai più complesse per struttura e forma.

L’importanza della conservazione dell’architettura dei borghi storici e del loro paesaggio è stata rilevata con passione da Bruno Billeci che ha sostenuto la necessità di limitare la nuova edificazione che pregiudica la delicatezza del paesaggio.

Al convegno hanno partecipato anche imprenditori spesso demonizzati e tenuti erroneamente distanti da questi ambienti. Daniele Kihlgren ha realizzato restauri di grande importanza, valorizzato interi borghi storici abbandonati, portato ricchezza e turismo in aree depresse coniugando la conservazione del paesaggio, dell’architettura e dei materiali costruttivi con i nuovi utilizzi compatibili che hanno trovato poi nel mercato la loro verifica. Non un’encomia assistita che, quando finisce l’assistenza, muore e travolge tutto ma un’economia che trova risorse continue nel patrimonio culturale.

Luca Rinaldi ha concluso la sequenza degli interventi della giornata ribadendo che nell’ambito di un progetto di restauro spesso non sono facili da individuare le soluzioni progettuali ai problemi dell’autenticità, della stratificazione storica, della coerenza tra convinzioni teoriche e scelte tecniche; ma è proprio questo interrogarsi che conferisce qualità ed è l’unico modo per avere autorevolezza. L’autorevolezza è data dalla competenza e, quindi, la strada da percorrere, sia da parte di chi controlla e gestisce la tutela, sia da parte di chi progetta, è quella della specializzazione, altrimenti non c’è futuro. Corredando la relazione con numerosi e particolari esempi italiani più che mai eloquenti, il Soprintendente si è ricollegato alle prime relazioni del convegno concludendo che da questa cultura sono oggi estranee le archistar.

Le conclusioni di Vittorio Sgarbi hanno tracciato l’iter del MiC da Spadolini in poi, sottolineando non senza rammarico la progressiva perdita di autorevolezza del Ministero e della possibilità di incidere nella tutela del patrimonio monumentale architettonico. Le condizioni disastrose nelle quale operano la maggior parte delle Soprintendenze, in carenza di personale non solo amministrativo ma soprattutto di profilo tecnico, rispetto a venti o trenta anni fa, le incombenze aumentate per l’estensione della tutela al paesaggio necessitano di immediati interventi sul piano prima politico poi anche tecnico. In questo senso il Sottosegretario ambisce a una profonda riforma che renda indipendente la tutela del patrimonio architettonico e del paesaggio, creando così una struttura più agile e presente in tutto il Paese nonché più rapida nel rispondere alle esigenze operative di chi interviene. A questo proposito è sua intenzione costituire un supporto, che potrebbe essere affidato da un comitato di esperti, al quale gli enti potrebbero rivolgersi nei casi complessi e particolarmente ostici.

Il convegno è stato anche l’occasione per la presentazione in anteprima mondiale, da parte del suo inventore Marco Ermentini, di un nuovo straordinario farmaco, che potrebbe limitare in modo drastico le modifiche creative ai monumenti storici. Dovrebbe essere prescritto a moltissime archistar - ma non solo a loro … - e dovrebbe essere distribuito anche in molte facoltà di architettura nonché, visti i casi discussi, anche a qualche altro soggetto….

  
Cesare Feiffer