ISSN 2283-7558

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L'EDITORIALE

DALL’APPALTO INTEGRATO AL PROGETTO DISINTEGRATO

Fino ad oggi ogni progetto, compreso quello di restauro architettonico, si esprime tecnicamente nel progetto di fattibilità, nel progetto definitivo e in quello esecutivo.
Il recente Codice dei contratti pubblici (Dlgs 36/2023) ha stravolto tutto obbligando i professionisti a suddividere il progetto in due fasi, la fattibilità e l’esecutivo, e ad affidare quest’ultimo alle imprese esecutrici. Tale scelta avrà come conseguenza quella di compromettere radicalmente la qualità sia del progetto sia dell’esecuzione di un qualsiasi restauro mettendo a rischio il nostro patrimonio architettonico.

FROM INTEGRATED CONTRACT TO DISINTEGRATED PROJECT

To date, every project, including architectural restoration, is technically expressed in the feasibility project, the definitive project and the executive project.
The recent Public Contracts Code (Legislative Decree 36/2023) has turned everything upside down by forcing professionals to divide the project into two phases, feasibility and executive, and to entrust the latter to the executing companies. This choice will have the consequence of radically compromising the quality of both the project and the execution of any restoration, putting our architectural heritage at risk.




Da tempo su queste pagine ci si interroga su cosa sia la qualità del progetto di restauro e cosa fare per innalzarne il livello medio, che è generalmente piuttosto basso.
La domanda non è banale perché coinvolge il Restauro sia dal punto di vista teorico sia da quello operativo. Inoltre, siamo tutti coinvolti: direttamente i docenti del Restauro, i liberi professionisti architetti e quelli alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, gli ingegneri specialisti, oppure indirettamente, come le imprese, gli artigiani e i restauratori, i committenti, ecc.. Si tratta della questione centrale del nostro operare e dalla qualità del progetto dipende tutto: il livello dell’opera finita, l’appalto, il cantiere, gli eventuali contenziosi, ecc.
E’ chiaro che lo stesso quesito può essere formulato ai progettisti del nuovo con la differenza che in questo caso la risposta è più facile, perché la qualità di un progetto di architettura è ben definibile e consiste nell’apporto formale, nella creatività e originalità delle soluzioni, nella capacità di rispondere alle esigenze della committenza, nell’uso dei materiali o delle strutture, di come ci si pone in rapporto alla lezione dei grandi maestri attuali o del recente passato, nelle risposte che si possono dare al rapporto forma-funzione, nel livello dell’esecutività, ecc. Nel restauro è invece più complesso.

 

Cosa conferisce dunque qualità al progetto di restauro? Forse condurre una ricerca archivistica approfondita? eseguire un rilievo metrico preciso con strumentazioni e programmi avanzati? espletare la diagnostica scientifica di materiali e strutture?
Certo sono tutte fasi fondamentali per produrre qualità ma la conoscenza preliminare e l’acquisizione dei dati sono altra cosa dall’operatività progettuale, l’analisi non è sintesi!
La qualità del progetto dipende dall’analisi, questo è ovvio, ma si concretizza proprio nella fase di sintesi, quando cioè gli studi preliminari vengono riassunti criticamente e con cultura, finalizzati con metodo e utilizzati per risolvere i problemi, dando infine indicazioni concrete di come, dove e quanto intervenire.

 

Ritorno quindi su tre aspetti (cultura, metodo e sintesi), che provo di seguito a sintetizzare e che praticamente corrispondono ad una vita di ricerca nel settore.
Il primo è possedere una cultura specialistica, perché tutti non possono fare bene qualsiasi cosa, quindi, bisogna conoscere cos’è il restauro oggi, il che non è poco. Non è un caso che quando le archistar, che tutti stimano quando fanno il loro mestiere, ossia progettare il nuovo, parlano di restauro il più delle volte dimostrano lacune di fondo quasi imbarazzanti e confondono le teorie sul restauro di metà Ottocento con le attuali posizioni, ignorando che il pensiero si è progressivamente evoluto e modificato e che, come è noto, non è cristallizzato tra Viollet e Ruskin. Possedere cultura specialistica significa saper dare risposte di spessore a domande complesse, quali: qual è l’autenticità dell’edificio? Come la coniugo nel mio progetto? Come mi rapporto con la storia delle trasformazioni? le interpreto come stratificazioni di culture sovrapposte o come una serie di superfetazioni che devo selezionare e ordinare? E ancora, come entra il mio personale giudizio estetico nelle scelte di progetto? E’ operativo o no?

  

Il secondo aspetto è avere un metodo ben preciso per non perdere mai la rotta, essere coerenti nelle risposte ai vari quesiti e saper mettere in fila, con ordine consequenziale, i temi e i problemi, come diceva Samonà. Il metodo consente anche di percorrere le vie della conoscenza, selezionando quelle fasi necessarie rispetto ad altre, che non servirebbero al progetto; possedere un metodo consente inoltre di affrontare oggetti a scale diverse, fornendo sempre risposte coerenti tra loro, e la coerenza è forse l’aspetto più importante, che più si lega alla qualità.

  

Il terzo aspetto, infine, è la capacità di tradurre l’analisi in sintesi, o meglio le conoscenze vaste che si elaborano nei vari settori in terapie precise, puntuali e concrete, ossia in progetti esecutivi. Non servono a nulla progetti che non indicano come, dove, quando, con quali modalità operative e con quali costi intervenire.

Il restauro di qualità fonda quindi si su un pensiero teorico con solidi fondamenti culturali ma è anche e soprattutto operatività, cioè concretezza esecutiva, che il professionista è chiamato a produrre per tutelare sia la sua idea di progetto sia il suo committente, facendo si che l’appaltatore esegua diligentemente le prescrizioni. Le scansioni canoniche del progetto in preliminare, definitivo ed esecutivo hanno permesso e permettono da sempre di esprimere compiutamente in sintesi operativa tutti i contenuti conferendo qualità ad ogni intervento operativo.

Da un lato, quindi, c’è chi riflette cercando qualità (in questo caso di tutti i progetti: del nuovo, di restauro, di urbanistica, ecc.), dall’altro lato, invece, c’è il nuovo recente apparato normativo che ha negato in toto l’essenza di questa qualità.

Il legislatore, spingendo oltremodo sulla prassi dell’appalto integrato, come soluzione all’incapacità delle amministrazioni centrali di programmare le opere, non solo del PNRR, ha distrutto l’impalcato di cui si è detto sopra. Innanzi tutto ha messo controllore (progettista) e controllato (impresa appaltatrice) assieme contro la stazione appaltante, cosicché il professionista non è più libero di progettare ma dovrà adottare soluzioni (formali, tecniche, di costi ecc.) in linea con le volontà del secondo, che generalmente corrispondono alla massimizzazione dell’utile. Si, per carità, ci si dovrà attenere al progetto di fattibilità ma sappiamo come vanno queste cose…

E’ stato eliminato il progetto definitivo anzi, il progetto di fattibilità è stato trasformato in progetto definitivo; questo fatto, oltre a mortificare la figura del professionista, obbligato da ora in poi a produrre un definitivo ai costi di un preliminare (cosa vergognosa), altera l’essenza stessa delle fasi progettuali con grave penalizzazione del professionista architetto e del professionista ingegnere. Non irrilevante, inoltre, è la conseguente impossibilità da parte degli enti di tutela di controllare i contenuti di progetti complessi.

Non bisogna essere dei geni per capire chi c’è dietro a una riforma che porta il professionista (non più) libero sotto il controllo dell’esecutore: la potente Associazione dei Costruttori non credo sia estranea…

  

E gli ordini professionali dov’erano? Hanno difeso la qualità del progetto? Hanno tutelato i loro iscritti per impedire che il progetto definitivo venisse liquidato economicamente ai costi della fattibilità? Hanno a cuore la qualità dell’operato del professionista? Si sono battuti per difendere il progetto definitivo, che è l’anima del nostro agire? Hanno impedito che il progetto esecutivo fosse elaborato da una serie di diramazioni dell’impresa appaltatrice?

Sono domande che a tutti sono sorte spontanee, e alle quali non rispondo in questa sede, ma mi torna in mente un simpatico articolo già da noi pubblicato e comparso il 25/05/2016 su Magazine Dario Flaccovio intitolato “E se sparissero gli Ordini Professionali?” che volentieri riporto.

 

Firenze, gennaio 2020.
Fa freddo, vento impetuoso di tramontana, a tratti nevischia. C’erano una volta gli Ordini professionali, istituiti con regi decreti risalenti agli anni ’20 del Novecento. Circa un anno fa (febbraio 2019) con un provvedimento “lampo” il Governo ha posto fine ad alcune istituzioni, in particolare quelle che tra pochi anni avrebbero compiuto un secolo di attività cioè rispettivamente quelle degli Architetti, Geometri e Ingegneri. La Legge Cinelli, una norma che ha disposto l’immediata smobilitazione totale di questi enti, ha concesso solamente sei mesi di ulteriore loro attività per trasformarsi perentoriamente in associazioni nazionali a statuto speciale, con iscrizione volontaria da parte degli stessi professionisti fino ad allora iscritti nelle rispettive sedi provinciali degli ex Ordini tecnici.

La stessa legge, oltre ad abrogare tutte le norme istitutive degli Ordini, consente inoltre la possibilità di istituire libere associazioni di professionisti allo scopo di coordinare e fare aggiornamento ai propri iscritti. La norma ridistribuisce alcune funzioni una volta attribuite agli Ordini nazionali e provinciali, ovvero:

-trasferimento e tenuta degli Albi professionali vigenti al Ministero delle Attività Produttive;

-soppressione degli obblighi formativi professionali (CFP) da parte dei professionisti e istituzione presso lo stesso Ministero del registro pubblico dei crediti formativi volontari (CFV) gestiti da sistema di certificazione di qualità;

-scioglimento delle commissioni di disciplina presso i Tribunali ordinari e cancellazione del regime sanzionatorio disciplinare;

- confermata l’abolizione delle tariffe professionali e respinta l’adozione dei parametri a definizione delle competenze professionali è delegata alla discrezione totale del Ministero delle Attività Produttive;

- abolizione dell’esame di abilitazione per l’accesso alla professione.

Le rappresentanze nazionali degli Ordini professionali presentarono immediatamente ricorso d’urgenza alla Corte di Giustizia Europea che, a differenza della tempistica di quella italiana, nel giro di un mese sentenziò la legittimità della “Legge Cinelli”.

Nel primo semestre del 2019 si è assistito a una fuga biblica degli iscritti dagli Ordini provinciali; la prima stima ne quantifica un valore superiore all’80%, mentre la parte residuale ha convertito la propria iscrizione come soggetti associati alle nuove associazioni nazionali di Architetti, Geometri e Ingegneri, confermando quindi la loro permanenza in continuità.

Queste nuove associazioni professionali, con una ridottissima platea di iscritti, hanno dovuto effettuare drastiche revisioni di spesa a causa del crollo improvviso e imprevisto delle entrate, procedendo a chiudere tutte le sedi provinciali e a mantenerne solo una per Regione, seppur con molta difficoltà e licenziando circa centinaia di dipendenti.

Di quell’80% dei professionisti una volta iscritti agli Ordini Professionali, gran parte non si è iscritto a nessuna associazione; ai professionisti è rimasto l’obbligo di rapportarsi e confermare l’iscrizione presso l’Albo Unico tenuto dal Ministero di cui sopra; il Ministero per canto suo ha imposto l’obbligo di versare il canone annuale di 140 € per l’iscrizione al nuovo “Albo unico”, come è stato soprannominato.”

 

Forse, in questo caso, la qualità del lavoro professionale sarebbe stata più tutelata da associazioni su base volontaria, ma così è …
Il tema della qualità, il passaggio dal progetto integrato al progetto disintegrato e le riforme del nuovo Codice sono molto importanti in ogni settore dell’architettura e dell’ingegneria, ed anche nel restauro del patrimonio costruito. Con gli amici del Comitato Scientifico abbiamo deciso di dedicare a questo argomento una serie di riflessioni che, come sempre, sono aperte a tutti i lettori; a partire da questo editoriale, quindi, raccoglieremo contributi, commenti critici e valutazioni sul tema e sul problema da condividere con i lettori sul prossimo numero di recuperoeconservazione.
  
Cesare Feiffer