ISSN 2283-7558

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L'EDITORIALE

Il coraggio nelle idee

Per chi s’interessa di valorizzazione del patrimonio culturale in primo piano non stanno i temi tecnici, le scuole di pensiero e la filosofia del restauro o il difficile adeguamento normativo ma stanno le idee.
L’aspetto più importante è quello di avere delle idee originali che siano di livello culturale alto, che attivino a cascata altre idee, che siano motore di attività e che abbaino come fine quello di riusare conservandolo il più possibile integro, l’edificio, il paesaggio o entrambi. Ma ancor più importante è il coraggio necessario per seguire le idee che a volte escono da un calcolo razionale ma in altre occasioni sono solo intuizioni che necessitano di un po’ di incoscienza e rischio. E per rischiare ci vuole appunto il coraggio di credere nelle proprie idee.

  
Seguono alcune SCHEDE illustrative di casi di valorizzazione presentati in occasione del Convegno dal titolo 'Valorizzazione del patrimonio storico in maniera compatibile' svoltosi a Venezia il 6 giugno 2019.

The courage of ideas

For those whom are interested in promoting our cultural heritage one of the most important thing (more than any technical issues or other regulatory compliances) is to have ideas.
Indeed, having original ideas is the engine in order to make new cultural projects through the re use of an old building too.
It is essential to be courageous and persistent with an idea. Sometimes original ideas can be just 'intuitions', other times instead, are the final result of a long study.
Both of the time you need to be aware and willing to the risk.
Indeed, only if you strongly believe in your ideas you have to courage to risk.




Nello scorso editoriale abbiamo dato ampio spazio al tema della valorizzazione dell’architettura storica e del paesaggio riflettendo sul concetto di compatibilità, sui suoi limiti e i suoi caratteri, e relazionando sul convegno tenutosi a Venezia lo scorso giugno. Un convegno particolare, nel quale sono stati illustrati grandi e piccoli interventi di restauro e riuso, passando dalla scala edilizia a quella paesaggistica, e nel quale, cosa assai singolare, non hanno relazionato architetti o ingegneri ma solo operatori economici, gestori o proprietari.

Si tratta di un concetto della valorizzazione visto da un’angolazione diversa rispetto a quella tradizionale del tecnico, per il quale sono in primo piano i problemi architettonici, strutturali, amministrativi o quelli relativi al grado di vincolo, argomenti che siamo, per così dire, abituati ad ascoltare nei convegni.

Per questi operatori quando si parla di valorizzazione in primo piano non stanno i temi tecnici, le scuole di pensiero e la filosofia del restauro o il difficile adeguamento normativo ma stanno le idee. Più precisamente, tra i casi trattati e che più oltre vengono illustrati schematicamente, l’aspetto più importante è stato quello di avere delle idee originali che fossero di livello culturale alto, che attivassero a cascata altre idee, che fossero motore di attività (non necessariamente in prima battuta rivolte all’utile economico) e che avessero come fine quello di riusare conservandolo il più possibile integro, l’edificio, il paesaggio o entrambi. Anzi, forse ancor più importante è stato il coraggio necessario per seguire le idee, che a volte escono da un calcolo razionale ma in altre occasioni necessitano di  un po’ di incoscienza e rischio. E per rischiare ci vuole appunto il coraggio di credere nelle proprie idee.

E’ stato estremamente utile interfacciare i tecnici progettisti con questi “portatori sani di idee” perché molte volte è il tecnico che deve farsi promotore di suggerimenti di iniziative ed è a lui che viene chiesto un suggerimento, sia esso professionista privato o dipendente dall’ente pubblico. Spesso, infatti, sia da parte di chi progetta sia da parte di chi è demandato a verificare se questa progettazione sia in linea con la tutela architettonica e del paesaggio possono venire quei suggerimenti e quelle proposte che da un lato aiutano la conservazione complessiva e dall’altro possono limitare o far rivedere le proposte non di rado pesanti del mondo speculativo.

Nel nostro paese non sono pochi gli interventi di valorizzazione del patrimonio che hanno caratteri di compatibilità, alto livello culturale e che riescono a moltiplicare le forme di cultura che può trasmettere un sito paesaggistico, un monumento o un borgo rurale. C’è un filo rosso che unisce questi interventi d’eccellenza, che non sono necessariamente i progetti grandiosi, quelli ad alto impatto scenografico, quelli firmati da archistar che provengono dall’empireo del progetto del nuovo o gli  interventi dovuti ai finanziariamente importanti. Molte volte la valorizzazione esemplare è costituita da interventi minimi, dove si ricerca qualità e non quantità, dove si punta sul racconto delle storie che il sito o l’edificio possiedono stratificate da secoli e non sull’esaltazione di aspetti che ricordano Gardaland. Ciò non significa però che anche gli interventi importanti NON possano raggiungere la compatibilità perché una cosa di certo non esclude l’altra.

Un altro aspetto che ritengo significativo, oltre a mettere in luce idee originali e innovative, è stato quello di possedere possedere degli aspetti, mettere in risalto degli spunti, proporre soluzioni, un metodo o delle proposte che possano essere trasferite ad altre realtà. Sta infatti anche in questo uno dei motivi del successo del convegno di Venezia, e che ha tenuto i partecipanti incollati alla sedia fino alla fine: la capacità di trasmettere ad altri gestori di patrimoni non solo delle soluzioni da replicare in parte o in toto ma quanto importante sia avere idee e rischiare, avvedutamente, per realizzarle.

Forse il restauro ha bisogno proprio di questo: di idee colte e innovative. Del resto la contaminazione tra tecnici e operatori economici, non speculatori si badi, se condotta ad un livello alto può essere sicuramente positiva perché sono secoli che i restauratori parlano solo tra di loro.

Proprio qui, tra queste riflessioni, si inserisce il secondo convegno sul tema della valorizzazione che si terrà il 3 ottobre a Vicenza, nella prestigiosa sede della Basilica Palladiana nell’ambito del Premio Dedalo Minosse alla committenza in architettura. Conferire questo particolare riconoscimento qual è un premio alla committenza è sicuramente un’idea originale e il grande merito va a Bruno Gabbiani, che è stato l’ideatore e l’artefice primo assieme naturalmente ai suoi tanti bravi collaboratori. Si prospettano giornate intense quelle di Vicenza, dove mondi diversi della progettazione, del restauro, delle committenze e delle proprietà potranno confrontarsi, scambiarsi idee e avanzare nell’arricchimento reciproco che le idee alte stimolano e facilitano.

Le schede che seguono illustrano sinteticamente alcuni interventi raccontati a Venezia mettendo in luce lo stato di fatto, le problematiche tecniche, le idee della committenza e il rapporto tra lo stato ante e quello post intervento.