ISSN 2283-7558

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Super Ruins

Super Ruins

Giornata di Studi a Innsbruck

redazione
pubblicato il 04/11/2022

SuperRuins: Dialoghi tra passato, presente e futuro
Giornata di studi, Universität Innsbruck, 7-8 luglio 2022

  
La giornata di studi “SuperRuins: Dialoghi tra passato, presente e futuro” ha avuto luogo nei giorni 7 e 8 luglio 2022 presso il Dipartimento di Storia e Restauro (Institut für Baugeschichte und Denkmalpflege) della Facoltà di Architettura dell’Università di Innsbruck in Austria. La giornata di studi è stata dedicata al tema delle rovine, al potenziale di vita che risiede in esse, alla possibilità di attuazione del loro potenziale attraverso la reintegrazione delle stesse in nuove architetture.

I partecipanti alla giornata di studi sono stati invitati rispondendo alla sottostante call for papers:

Le rovine sono creature affascinanti. Le rovine sono vivide. Le rovine possono acquisire superpoteri.

Secondo la definizione vitruviana, l'architettura nasce dall'equilibrio di tre caratteristiche: firmitas, utilitas e venustas. Ogni volta che l'integrità di un edificio si perde, e la triade resta sbilanciata, l'architettura diventa rovina». In quanto rovina, l'architettura è più, non meno «(Hill, Jonathan: The Architecture of Ruins. Designs on the Past, Present and Future. London & New York 2019). Secondo Louis Kahn, un edificio in stato di rovina si è liberato dal vincolo della funzione. In questo modo, la rovina indica una nuova vita possibile dell'edificio, successiva a quella iniziale. In quanto rovina, l'architettura guadagna la propria utilitas, inerente al suo essere edificio (Biraghi, Marco: Questa è architettura. Il progetto come filosofia della prassi. Torino 2021). Nel tentativo di rimettere in equilibrio la rovina in una nuova architettura, verso il compimento di una nuova vita potenziale, la rovina può acquisire un’esistenza super quella iniziale – super, etimologicamente inteso come 'sopra e oltre' qualcosa.

 

La perdita dell'integrità di un edificio non altera la sua capacità di suscitare emozioni nel tempo, queste sono solo diverse da quelle originariamente evocate. La carica che l'architettura rilascia nel tempo è ciò che Francesco Venezia chiama ‘la natura poetica dell'architettura’ (Venezia, Francesco: La natura poetica dell’architettura. Pordenone 2010). L'architettura esiste nel tempo, si trasforma nel tempo e la sua longevità dipende soprattutto dalla sua capacità di adattarsi al presente di ogni epoca, senza tradire il suo carattere. Le rovine sono tanto una questione di tempo quanto una questione di spazio.

 

I momenti di crisi nella storia hanno avuto un ruolo fondamentale mettendo in discussione i dogmi e i metodi consolidati nell’attività di progettazione e restauro, favorendo l’adeguamento degli stessi alle esigenze del tempo. La cultura del restauro del secondo dopoguerra, dunque, ha inteso il ‘restauro’ in modo diverso dal secolo precedente: il concetto di restauro critico è stato formulato per la prima volta da Roberto Pane nel 1944. La Teoria del restauro di Cesare Brandi (1963) è stata fondamentale nel definire una serie di principi nel restauro delle opere d'arte danneggiate dalla guerra. Renato Bonelli sviluppò ulteriormente queste idee in un approccio critico-creativo che cercava di fondere l’antico e il nuovo in una nuova unità. Approcci simili sono stati individuati nella prassi, in special modo nel trattamento di architetture danneggiate dalla guerra. Sono esemplari, in tal senso, gli interventi di Liliana Grassi alla Ca' Granda di Milano (1949-1957) e di Hans Döllgast per la Alte Pinakothek di Monaco (1952-1957). Grassi e Döllgast hanno sottolineato sia l'aspetto critico che quello creativo nei loro interventi (‘recupero critico-creativo’ e ‘ricostruzione creativa'), ricordando così le idee di Bonelli. Tuttavia, questi approcci sono rimasti piuttosto poco indagati nel discorso internazionale.

Oggi stiamo affrontando una nuova crisi. Da un lato, grazie alla tecnologia avanzata, tutto sembra possibile; dall'altro, le conseguenze della tecnologia sono sempre più messe in discussione. A livello internazionale, il termine restoration ha perso prestigio e popolarità. Nella cultura architettonica dell'Europa occidentale, al di fuori dell’Italia, tende ad essere evitato perché associato al ripristino e alla mancanza di autenticità.

Un decennio fa, Marco Ermentini proclamava la morte del restauro, sostenendo che l'unica teoria del restauro che può essere professata oggi è la fine delle teorie del restauro. Secondo Ermentini, il restauro non ha più senso così come è stato concepito e sviluppato in quasi due secoli di esistenza. Egli sostiene, invece, un approccio timido e conservativo (Ermentini, Marco: Restauro timido. Architettura, affetto, gioco. Firenze 2007). Giovanni Carbonara sostiene che il restauro non è conservazione, non è solo conservazione, ma che il suo fine è sia conservativo che rivelatore, facilitando la lettura dell'opera. Egli propone una terza via: una via di mezzo tra il restauro e la conservazione, in cui il nuovo trova posto con audacia e misura (Carbonara, Giovanni: Architettura d’oggi e restauro. Un confronto antico-nuovo. Torino 2011).

Hanno risposto all’invito della call architetti professionisti, ricercatori e docenti universitari, restauratori ed artisti da diversi Paesi: Austria, Belgio, Inghilterra, Italia, Romania e Portogallo. Il programma, costituito da undici interventi in inglese, tedesco e italiano, ha affrontato diversi punti di vista teorici e pratici circa gli interventi sulle rovine, rispondendo principalmente alle seguenti domande:

Come integrare la rovina nel presente e stabilire un dialogo con il passato?
Come intervenire in termini di continuità con l'esistente?
Come lasciare un futuro aperto alla rovina attraverso l'intervento contemporaneo?
Può l'economia dei mezzi essere considerata un criterio di intervento?

 

Simina Ana-Maria Lörincz, architetto e docente presso l’Universitatea Transilvania di Brasov in Romania, ha partecipato con il contributo “Back to Alberti: Conservation, Restoration, Innovation and the Principles of Architecture”, ponendo spunti di riflessione sul rapporto di Leon Battista Alberti con la preesistenza.

Alice Nogueira Alvez, restauratrice e professoressa invitata presso l’Universidade de Lisboa in Portogallo, ha presentato “The creation of a national symbol – The restoration of the Roman Temple of Évora in the 19th century”, un caso studio di un restauro archeologico di matrice italiana del Tempio romano di Evora nel tardo Ottocento.

Daniel Grünkranz, architetto e socio fondatore dello studio interdisciplinare Form Society di Vienna e Lussemburgo con “Authenticity, Paradox and Reflection. Aspects of the Theorization of Ruins by the Use of the Example of the Moselle Position”, ha affrontato le sfide del preservare l'autenticità negli interventi di conservazione dell'architettura militare, descrivendo l’esempio del caso studio della Moselstellung/Position de la Moselle, una linea fortificata costruita dall'Impero tedesco in Alsazia-Lorena durante la prima annessione.

Paolo Delle Monache, artista scultore e docente presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, ha affrontato con “Rovina, frammento, maceria” il concetto di rovina come rappresentazione concreta del tempo, sottolineando il ruolo del frammento come fattore di ispirazione nel suo processo creativo.     

Maurizio di Puolo, architetto ed exhibition designer, fondatore dello Studio Meta Imago a Roma ha partecipato con “Oggetti smarriti”, innescando un viaggio immersivo attraverso la convivenza con le antiche rovine nella contemporaneità della vita quotidiana romana.

Florina Pop, dottoranda e assistente presso il Dipartimento di Storia e Restauro dell’Università di Innsbruck ha presentato le ipotesi della sua ricerca dottorale in corso nel contributo “Approaching SuperRuins”, occupandosi di interventi critici contemporanei su edifici in rovina di vari Paesi europei.

Simona Salvo, professoressa associata presso l’Università degli Studi Sapienza di Roma ha presentato il contributo “MicroRuins. The role of debris in post-seism reconstruction and the Italian restoration culture”, ponendo spunti di riflessione sul concetto di "maceria", come materialità iperframmentata, e sue possibilità di essere "mezzo" per riconfigurare l'architettura perduta e allo stesso tempo elemento che suscita emozioni.

Bie Plevoets, professoressa associata presso l’Universiteit Hasselt in Belgio con il contributo “Consolidating the Ruin. Three approaches to adaptive reuse of ruins”, ha analizzato attraverso alcuni casi studio diversi approcci progettuali di adaptive reuse, in cui il carattere di rovina viene esaltato dal nuovo intervento.

William Mann, architetto e socio dello studio Witherford Watson Mann Architects di Londra, ha tenuto la keynote lecture “What counts is what has remained present”, presentando la complessità delle problematiche circa l'intervento sul palinsesto architettonico di Astley Castle, progetto vincitore del Riba Stirling Prize nel 2013.

Emanuele Fidone, architetto e professore presso l’Università di Catania ha presentato il contributo “Memoria, materia e spazio. Basilica paleocristiana di San Pietro, Siracusa”, mettendo in evidenza la rilettura spaziale e materica di un’antica rovina in un esempio di restauro esperienziale.

Marco Ermentini, architetto e socio dello studio Ermentini Architetti ha contribuito con la relazione “Il segreto della carezza”, chiudendo la giornata di studi con un appello ad un atteggiamento meno violento verso il mondo ed incoraggiando alla scoperta del segreto della carezza.

Nonostante i contributi di autori provenienti da ambiti professionali differenti, durante la giornata di studi è emerso un grande interesse comune per il "potenziale" della rovina, ossia la sua capacità intrinseca di tornare alla vita. Molti contributi hanno ben espresso la vocazione narrativa della rovina e il dovere morale di preservarne l'autenticità anche attraverso l’intervento architettonico. Riconoscendo un grande valore nella continuità della stratificazione, l’intervento contemporaneo è stato visto come parte di questa continuità, senza l’ambizione di essere l’ultima tappa della trasformazione, ma piuttosto un episodio nella lunga storia del manufatto architettonico. I dialoghi della giornata di studi sono stati arricchiti da prospettive comunque diverse dei vari relatori, dovute anche alla provenienza da Paesi diversi, che però hanno trovato un common ground nell’interesse per una profonda lettura del frammento architettonico e la sua reintegrazione attiva che fa da ponte tra passato e futuro.

È in corso il lavoro di pubblicazione di un volume contenente tutti i contributi della giornata di studi, che uscirà presumibilmente nel 2023 nella serie “Innsbrucker Beiträge zur Baugeschichte”.

Serafina Cariglino e Florina Pop